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L’ascolto psicologico: storie di draghi, eroi e principesse


Fin dalle prime sedute, nei primi colloqui è possibile intravedere quelli che saranno gli attori del processo psicologico; eroi, antieroi, vittime o carnefici, draghi oppure cavalieri, ognuno di loro è invitato a vivere lo spazio terapeutico. R. M. Rilke ha descritto con squisitezza quello che spesso osservo in questo spazio:


«Come possiamo dimenticarci di quegli antichi miti, che stanno alle origini di tutti i popoli? i miti dei draghi, che si tramutano nel momento supremo in principesse; sono forse tutti i draghi della nostra vita principesse, che attendono solo di vederci un giorno belli e coraggiosi. Forse ogni terrore è nel fondo ultimo l’inermità, che vuole aiuto da noi ».

Rilke, "Lettere a un giovane poeta" - Borgeby gård, Flädie (Svezia), 12 agosto 1904


A quali miti si riferisce Rilke in questa lettera del 1904?

Nel mondo occidentale questi miti sono quelli della creazione dove i draghi, creature arcaiche e selvagge, minacciano gli Dei e da questi vengono sconfitti dopo un combattimento; nei periodi successivi gli Dei lasciano il posto agli Eroi, progenitori di nobili stirpi di cui conosciamo le gesta, paladini del bene, uomini spiritualmente superiori che vincono l’oscuro.


Nell’agiografia cristiana questo compito è stato affidato alla figura del Cavaliere, in primis San Giorgio che, nella lotta con il dragone, incarna l’eterna opposizione tra bene e male.


Il drago, emblema del tenebroso, del mondo sotterraneo, costretto a soccombere per far prosperare la civiltà, si tratta di un’allegoria prigioniera dell’eterno ciclo di sconfitte e di rinascite.


Ma altre metafore sono possibili per le quali non sempre è necessario l’abbattimento del drago, a volte è sufficiente domarlo. Alcuni dipinti propongono l’immagine di una giovane donna tenere l’animale al laccio, ad una corda.


È la personificazione del sapere dell’anima, per il quale il male piuttosto che essere annientato è arrestato, reso inoffensivo, domato.


Ecco l’immagine del drago e della principessa di Rilke.

Egli nel suo scritto ci suggerisce che celata in ogni drago ci possa essere una principessa che per palesarsi attende l’intervento dell’eroe coraggioso.

Il momento giusto.


In quest’ottica possiamo pensare che quanto c’è di cupo in noi, di oscuro, di spaventoso che ci angoscia, non debba essere sconfitto, vinto o eliminato ma piuttosto domato e reso docile, poiché anche questa parte oscura racchiude in sé luce e vitalità.

È nel coraggio del confronto diretto, nell’affrontare il dragone, nel « momento supremo » di Rilke, che l’uomo coraggioso, audace, diviene Eroe e sfidando l’oscuro riesce a far emergere la luce. E la luce è la Principessa indifesa, colei che chiede aiuto a chi non teme le spaventose sembianze del drago.


La richiesta di aiuto diventa allora la chiave di volta, da ascoltare per promuovere il cambiamento; significa accogliere nello studio sia il drago che l’eroe e la principessa per sostenere il processo di cambiamento.


Ecco perché quando ricevo una persona nello studio, prima ancora del fragore del Dragone, ben prima delle gesta dell’Eroe che libererà la principessa, è la richiesta di aiuto che accolgo, ascolto e sostengo.




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